Tempo tuta: non retribuito senza l’obbligo di abiti da lavoro
Pubblicato il 11 giugno 2021
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Nel rapporto di lavoro subordinato, il "tempo-tuta" costituisce tempo di lavoro soltanto se qualificato da eterodirezione. Diversamente, l'attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell'obbligazione principale del lavoratore e non va retribuita.
E’ stata confermata, dalla Cassazione, la decisione con cui la Corte d’appello aveva dichiarato infondata la domanda avanzata da alcuni dipendenti di una Spa ai fini del riconoscimento della retribuzione per il tempo impiegato nell'indossare e nel dismettere gli abiti di lavoro e gli altri dispositivi di protezione individuale (cd. tempo tuta).
I giudici di secondo grado avevano accertato che la società datrice di lavoro non imponeva ai lavoratori modalità di vestizione e svestizione, avendo la stessa rinunciato a esercitare il proprio potere di eterodirezione in relazione a tale attività.
Su di essa, quindi, non poteva dirsi gravare nessun obbligo retributivo derivante da corrispettività riguardo al cd. tempo tuta.
I dipendenti si erano rivolti alla Suprema corte, lamentando, tra gli altri motivi, un’erronea interpretazione e ricostruzione delle risultanze istruttorie, in ordine al ritenuto mancato raggiungimento della prova che i lavoratori dovessero indossare i dispositivi di protezione individuale prima di iniziare l'attività lavorativa.
Cassazione: il tempo per indossare la divisa è lavoro se c’è eterodirezione
La Cassazione, con ordinanza n. 15763 del 7 giugno 2021, ha rigettato il predetto rilievo e confermato, come detto, la decisione della Corte territoriale.
A prescindere dai profili di inammissibilità rilevati, gli Ermellini hanno in ogni caso affermato l'infondatezza della tesi dei ricorrenti a fronte di un accertamento di fatto del giudice dell'appello, pienamente aderente all'orientamento consolidatosi in sede di legittimità sul tema della diretta onerosità del cd. tempo tuta a carico del datore.
E’ stato, in particolare richiamato, il principio secondo cui: "Nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario a indossare l'abbigliamento di servizio ("tempo-tuta") costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell'obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo”.
Nella vicenda in esame, la Corte d'appello aveva valorizzato in motivazione l'esito della verifica svolta in fatto circa l'assenza dell'elemento costitutivo dell'obbligazione rivendicata dai lavoratori nei confronti del datore di lavoro, consistente nell'esercizio del potere di eterodirezione datoriale riguardo al tempo, al modo e al luogo della vestizione/svestizione.
Era stato, infatti, accertato il mancato raggiungimento della prova dell'imposizione, in capo ai lavoratori, dell'obbligo di indossare gli abiti da lavoro negli appositi spogliatoi aziendali, ben potendo gli stessi recarsi al lavoro e far ritorno a casa indossandoli.
Ai predetti fini, inoltre, la Corte d'appello non aveva ritenuto rilevante che la società avesse offerto servizi quali spogliatoio, doccia e lavanderia, in merito all'utilizzo dei quali ai dipendenti era lasciata totale libertà di scelta.
La motivazione della decisione impugnata, in definitiva, si presentava immune da vizi logici ed argomentativi nonché aderente al richiamato orientamento di legittimità.
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