Rider, sistema di valutazione discriminatorio? Va rimosso

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Rider, sistema di valutazione discriminatorio? Va rimosso

Il Tribunale del Lavoro di Palermo, con sentenza del 17 novembre 2023, ha parzialmente accolto il ricorso promosso da alcune associazioni sindacali al fine di accertata la natura discriminatoria del sistema di valutazione di eccellenza adottato da una società di food delivery nei confronti dei rider.

Il sistema prescelto dalla società, in particolare, faceva riferimento ai parametri della assiduità, dello svolgimento della prestazione negli slot ad alta domande e del non show, nonché del riconoscimento facciale.

Discriminazione potenziale, sì alla denuncia

In primo luogo, il giudice del lavoro si è occupato della questione preliminare sollevata dalla società resistente, relativa all'ammissibilità di un'azione giudiziaria, come quella di specie, volta a denunciare una discriminazione soltanto potenziale.

Le ricorrenti, infatti, non avevano dedotto specifici episodi di discriminazione, né individuato specifici lavoratori discriminati.

Ebbene, secondo l'organo giudicante, il principio secondo cui chi agisce in giudizio deve avere interesse ad ottenere un’utilità concreta, consistente nell’attribuzione di un bene della vita giuridicamente tutelato, deve essere interpretato alla luce dell’art. 44 del D. Lgs. n. 286/1998.

Articolo, questo, che nella prospettiva di tutela delle discriminazioni, prevede espressamente la possibilità di sottoporre al vaglio dell’autorità giudiziaria anche atti o comportamenti discriminatori di carattere collettivo in cui i lavoratori lesi non siano immediatamente e direttamente individuabili.

Pertanto, l’azione civile contro la discriminazione può essere esperita prescindendo dall’allegazione di concreti episodi di discriminazione, essendo sufficiente accertare, ai fini dell’interesse ad agire e quindi dell’ammissibilità dell’azione, l’effettiva e concreta potenzialità del carattere discriminatorio della condotta datoriale.

Criteri del "contributo" e delle "ore ad alta domanda": discriminazione multifattoriale e religiosa

Passando al merito della vicenda, il modello organizzativo prescelto dalla società è stato ritenuto discriminatorio, in primis, nella parte in cui utilizzava i criteri del “contributo” (basato sul numero di consegne effettuate negli ultimi ventotto giorni) e delle “ore ad alta domanda” (determinato dal lavoro prestato intorno all’ora di cena nel fine settimana e nei giorni festivi).

Detti criteri, utilizzati per l’attribuzione del cd. punteggio di eccellenza, poneva in una situazione di particolare svantaggio i corrieri esposti a fattori di discriminazione e, specificamente, coloro che per condizione personale, familiare, età o handicap risultavano o potevano risultare meno produttivi.

Per il Tribunale, il disinteresse della società per le condizioni personali di ciascun prestatore d’opera, nell’ambito del sistema di selezione utilizzato, determinava una discriminazione indiretta dei lavoratori.

Questi ultimi, infatti, per condizione personale, familiare, età o handicap risultavano svantaggiati rispetto ai “concorrenti” (per esempio perché più giovani, senza necessità di cura o assistenza familiari ovvero privi di disabilità).

Senza contare che il criterio delle “ore ad alta domanda” discriminava anche i rider che, in ossequio alla loro fede religiosa, non potevano lavorare nel fine settimana.

Discriminazione sindacale del criterio del "no show"

Riscontrata, a seguire, anche la discriminazione indiretta derivante dall’applicazione del criterio della “mancata presentazione" (cd. no show), basato sulle assenze dei corrieri negli slot prenotati, per l’attribuzione del cd. punteggio di eccellenza.

Il criterio predetto, per il giudice del lavoro, risultava incompatibile con la libertà dei lavoratori di scioperare secondo le modalità ritenute più adeguate.

Quanto, invece, al sistema di riconoscimento facciale, Tribunale ha ritenuto insussistente il carattere discriminatorio della misura organizzativa in esame in relazione al fattore di rischio della provenienza geografica.

Discriminazioni accertate: condanna a rimozione e risarcimento

In conseguenza delle discriminazioni accertate, il Tribunale di Palermo ha condannato la società resistente ad astenersi dalle medesime e all'adozione di un piano di rimozione degli effetti, con pubblicazione della sentenza su un quotidiano nazionale e sul sito della società.

Quest'ultima, infine, è stata altresì condannata a pagare, in favore delle associazioni sindacali ricorrenti, la somma di 40mila euro a titolo di risarcimento del danno.

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