Truffa e non indebita compensazione a carico del datore

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Con sentenza n. 45225 del 3 novembre 2014, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica contro la decisione con cui il Gup del Tribunale di Chieti aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell'amministratore unico di una Srl che aveva presentato, con il mezzo telematico, un DM 10 in cui, contrariamente al vero, aveva dichiarato di aver corrisposto ad un proprio dipendente gli emolumenti dovuti allo stesso dall'Inps a titolo di assegni familiari.

Punita la falsa dichiarazione volta ad ottenere la compensazione dei debiti

Attraverso questa dichiarazione menzognera, l'imputato aveva omesso di pagare quanto dovuto a titolo di debito che aveva nei confronti dell'Inps per contributi previdenziali e assistenziali, ritenendoli conguagliati con il credito dallo stesso asseritamente vantato verso l'ente previdenziale.

Con la suo condotta, ossia, lo stesso aveva conseguito indebitamente un vantaggio patrimoniale, consistito nel veder compensato un debito nei confronti dell'Inps.

Il non luogo a procedere pronunciato dal giudice di merito era dipeso dalla sussunzione della condotta di specie nel reato di indebita compensazione, punibile solo con il superamento della soglia di punibilità di 50mila euro; soglia che, nel caso esaminato, non era stata superata.

Menzogna e ingiusto profitto: è truffa

Da qui l'impugnazione della Procura, secondo la quale doveva invece dirsi integrata un'ipotesi di truffa in considerazione della menzogna ovvero dell'indicazione di fatti non corrispondenti al vero idonei ad ottenere, da parte del destinatario, atti di disposizione patrimoniale tali da consentire il perseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno.

Tesi che ha convinto anche la Cassazione la quale ha puntualizzato che qualora il datore non si limiti ad esporre dati e notizie false in sede di denunce obbligatorie, ma dichiari falsamente di avere corrisposto ad un lavoratore dipendente un'indennità di disoccupazione, di maternità o, come nella specie, assegni familiari, a carico dell'ente di previdenza, così conseguendo l'ingiusto profitto di conguagliare il relativo importo con i contributi dovuti all'Inps, realizza il reato di truffa e non il reato di compensazione indebita.
Allegati Anche in
  • Il Sole 24Ore – Norme e Tributi, p. 46 - Contributi omessi: è truffa aggravata – Ambrosi, Iorio

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