Accomodamenti ragionevoli: cosa cambia con il decreto Disabilità
Pubblicato il 15 gennaio 2025
In questo articolo:
- Accomodamento ragionevole solo in via sussidiaria
- Accomodamento ragionevole su proposta della persona con disabilità
- Criteri di individuazione dell’accomodamento ragionevole
- Rifiuto o diniego della proposta di accomodamento ragionevole
- Ingiustificato rifiuto all’accomodamento ragionevole
- Rassegna giurisprudenza recente
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Tra gli “accomodamenti ragionevoli” rientra anche la concessione del lavoro a distanza, telelavoro o smart working.
A ricordarcelo è stata recentemente la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, pronunciandosi su un caso di asserita discriminazione ai danni di un lavoratore con disabilità visive, preceduta da diverse pronunce di merito (da ultimo, Tribunale Roma, sentenza 18 dicembre 2023).
Ma cosa si intende per accomodamento ragionevole?
Accomodamento ragionevole solo in via sussidiaria
Dal 30 giugno 2024 è in vigore il decreto Disabilità (decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62) il cui articolo 17 disciplina l’accomodamento ragionevole (nuovo l’art. 5-bis, legge 5 febbraio 1992, n. 104).
L’articolo detta i principi generali che devono guidare il datore di lavoro, pubblico e privato, nel riconoscimento dell’accomodamento ragionevole e per il suo effettivo esercizio, come previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 e ratificata in Italia in base alla Legge 3 marzo 2009, n. 18.
L’accomodamento consiste nelle modifiche e negli adattamenti necessari e appropriati da adottare, se necessario, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l'effettivo nonché tempestivo esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, dei diritti civili e sociali.
Tali modifiche e adattamenti non devono tuttavia imporre alla pubblica amministrazione, al concessionario di pubblici servizi, al soggetto privato un onere sproporzionato o eccessivo.
All’accomodamento ragionevole si deve ricorrere esclusivamente in via sussidiaria e solo se il diritto non è in concreto pienamente esercitabile e non sostituisce né limita il diritto al pieno accesso alle prestazioni, servizi e ai sostegni riconosciuti dal legislatore.
È utile qui riportare un esempio tratto dalla relazione illustrativa al decreto Disabilità
Accomodamento ragionevole su proposta della persona con disabilità
Legittimata a proporre istanza di accomodamento ragionevole è la persona con disabilità o l’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, il tutore, l’amministratore di sostegno se dotato dei relativi poteri.
Obbligati ad adottare l’accomodamento ragionevole sono la pubblica amministrazione, i concessionari di pubblici servizi e ogni altro soggetto privato (enti, persone fisiche, condomini etc.).
La persona con disabilità, o chi per lei, con l’istanza può presentare anche una proposta di accomodamento ragionevole.
Inoltre la persona con disabilità partecipa alla definizione dell’accomodamento ragionevole.
Criteri di individuazione dell’accomodamento ragionevole
Per l’individuazione dell’accomodamento ragionevole occorre fa riferimento ai seguenti principi generali.
L’accomodamento ragionevole deve essere:
- adeguato, pertinente ed appropriato in relazione all'entità della tutela da accordare e alle condizioni di contesto nel caso concreto;
- compatibile con le risorse effettivamente disponibili allo scopo.
In ordine all’adeguatezza, l’intervento per assicurare il pieno esercizio deve essere tanto più incisivo quanto più rilevante è il bene da garantire.
In ordine, invece, alla valutazione della “non onerosità” dell’accomodamento ragionevole, come ricorda la relazione illustrativa, la stessa è da valutare in relazione a una serie di indici, quali, secondo il Commento generale n. 6 del Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2018, la dimensione del soggetto che deve concretamente attuare la misura dell’accomodamento ragionevole, gli effetti nella sfera di terzi, le risorse rinvenienti da sussidi pubblici, i costi finanziari, etc.
Tali fattori presi non vanno considerati singolarmente, ma nella loro correlazione, a garanzia di un accomodamento ragionevole più ampio.
Inoltre tali indici saranno alla base anche della valutazione circa la possibilità di accoglimento della proposta di accomodamento ragionevole eventualmente presentata dalla persona con disabilità.
Rifiuto o diniego della proposta di accomodamento ragionevole
Cosa succede in caso di rifiuto o diniego della proposta di accomodamento ragionevole della pubblica amministrazione del concessionario di pubblici servizi e del soggetto privato?
Per la pubblica amministrazione, ove non sia possibile accordare l’accomodamento ragionevole più prossimo a quello richiesto, il diniego della proposta di accomodamento ragionevole deve essere oggetto di motivazione con l'indicazione dell'accomodamento secondo i principi generali di adeguatezza, pertinenza e appropriatezza.
Se il diniego è opposto da parte di un concessionario di pubblico servizio o da parte di un soggetto privato, la persona con disabilità istante può chiedere al Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità di verificare la discriminazione per rifiuto di accomodamento ragionevole
Ingiustificato rifiuto all’accomodamento ragionevole
Va infine evidenziato che l’ingiustificato rifiuto all’accomodamento ragionevole integra un’ipotesi di discriminazione.
Rassegna giurisprudenza recente
Corte di Cassazione, Sentenza 18 aprile 2024, n. 10568
Ogni datore di lavoro, pubblico o privato, è tenuto "ad adottare accomodamenti ragionevoli", anche in caso di licenziamento, questa Corte ha ritenuto si tratti di adeguamenti, lato sensu, organizzativi che il datore di lavoro deve porre in essere al fine di "garantire il principio della parità di trattamento dei disabili" e che si caratterizzano per la loro "appropriatezza", ovvero per la loro idoneità a consentire alla persona svantaggiata di svolgere l'attività lavorativa, fermo il limite espresso all'adozione di essi rinvenibile nella definizione della Convenzione ONU del 2006 - cui rinvia anche la norma dell'ordinamento interno - laddove si specifica che tale accomodamento non deve imporre "un onere sproporzionato o eccessivo"; si è chiarito che non possono essere dettate, in astratto, prescrizioni cogenti che prescindano dalle circostanze del caso concreto: l'accomodamento infatti postula una interazione fra una persona individuata, con le sue limitazioni funzionali, e lo specifico ambiente di lavoro che la circonda, interazione che, per la sua variabilità, non ammette generalizzazioni; non a caso anche l'art. 5 della direttiva 2000/78/CE individua i provvedimenti appropriati che il datore di lavoro deve prendere "in funzione delle esigenze delle situazioni concrete".
Corte di Cassazione, Sentenza 10 gennaio 2025, n. 605
Il ragionevole accomodamento organizzativo, che senza comportare oneri finanziari sproporzionati, idoneo a contemperare, in nome dei principi di solidarietà sociale, buona fede e correttezza, l’interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione utile all’impresa, è stato individuato nella soluzione dello smart working dall’abitazione, già utilizzata nel periodo pandemico (v. Cassazione, n. 6497/2021 e n. 9870/2022)
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