Brexit, identificazione diretta per i soggetti passivi Iva del Regno Unito

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Brexit, identificazione diretta per i soggetti passivi Iva del Regno Unito

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 7 dell’1 febbraio 2021, ha chiarito alcuni aspetti in materia di adempimento degli obblighi IVA da parte degli operatori del Regno Unito, soggetti passivi d’imposta in Italia, una volta ufficializzata l’uscita del Regno Unito dall'Unione europea (Brexit).

Nello specifico il dubbio sorto è se coloro che dispongono nel nostro Paese di un rappresentante fiscale IVA o di un identificativo IVA possano continuare ad utilizzare per le operazioni interne tale rappresentante o tale identificazione oppure, al contrario, debbano richiedere una nuova posizione IVA in quanto soggetti extra-UE.

Brexit, novità dal 1° gennaio 2021

Con l’ufficializzarsi della Brexit e, dunque, dal 1° gennaio 2021, agli scambi commerciali con il Regno Unito, a seguito del suo recesso dalla Unione Europea ai sensi dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE), si applicano le regole e le formalità di natura fiscale e doganale in vigore con i Paesi terzi.

Pertanto, in base alla normativa IVA, il soggetto non residente – UE o extra-UE – che effettua nel territorio dello Stato operazioni rilevanti ai fini IVA, può adempiere ai relativi obblighi o esercitare i relativi diritti:

  • nominando un rappresentante fiscale residente nel territorio dello Stato,

  • o, in alternativa, identificandosi direttamente, ai sensi dell’articolo 35-ter del DPR n. 633/1972.

Tale articolo, infatti, prevede che possano avvalersi dell’identificazione diretta ai fini IVA, i soggetti non residenti, che esercitano attività di impresa, arte o professione in un Paese terzo con il quale esistano strumenti giuridici che disciplinano la reciproca assistenza in materia di imposizione indiretta, analogamente a quanto previsto dalle direttive comunitarie.

Al fine di verificare l’esistenza di tali condizioni necessarie per il riconoscimento dell’identificazione diretta, l’Agenzia ha analizzato l’Accordo stipulato tra Regno Unito e Unione europea lo scorso 24 dicembre 2020 e il connesso Protocollo sulla cooperazione amministrativa e la lotta contro la frode in materia di IVA e sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi e imposte.

Brexit, Protocollo sull’assistenza amministrativa tra Regno Unito e UE

Proprio quest’ultimo Protocollo in materia di assistenza amministrativa IVA, prevede le seguenti forme di assistenza:

  • richiesta d’informazioni;

  • richiesta di informazioni senza preventiva richiesta;

  • presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative svolte congiuntamente;

  • richiesta di notifica amministrativa;

  • controlli simultanei.

Dal momento che in base all’esame delle disposizioni contenute nel citato Protocollo, quest’ultimo può considerarsi sostanzialmente analogo agli strumenti di cooperazione amministrativa già vigenti nella UE, l’Agenzia ritiene che sia possibile continuare ad applicare ai soggetti passivi del Regno Unito le disposizioni in materia di identificazione diretta ai fini IVA, di cui all’art. 35-ter, comma 5, Decreto IVA.

Brexit, sì al regime semplificato dell’identificazione diretta

Secondo la risoluzione n. 7/E/2021, pertanto, ai sensi del suddetto Protocollo, i soggetti passivi del Regno Unito possono accedere all’istituto dell’identificazione diretta per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti in materia di IVA in Italia, in alternativa alla nomina di un rappresentante fiscale, analogamente a quanto avveniva sino al 31 dicembre 2020.

Il documento di prassi, inoltre, fissa un importante principio di continuità: gli operatori del Regno Unito che già dispongono in Italia di un rappresentante fiscale IVA o di un identificativo IVA, nominato o rilasciato antecedentemente al 1° gennaio 2021, possono continuare ad avvalersene per le operazioni interne.

Con questa specificazione, l’Agenzia pone rimedio ad una incertezza sorta dopo la pubblicazione di una precedente risposta, con la quale si era sostenuto che in attesa di chiarimenti ufficiali sulla portata dei nuovi accordi commerciali UE-UK, gli operatori del regno Unito dovevano, anche se già identificati in modo diretto in Italia, cancellare tale identificazione e nominarsi un rappresentante fiscale.

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