Crediti d’imposta non spettanti o inesistenti: atto di indirizzo del Mef

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Crediti d’imposta non spettanti o inesistenti: atto di indirizzo del Mef

Il tanto atteso Atto di indirizzo in materia di crediti d’imposta non spettanti o inesistenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) è stato pubblicato con il decreto del 1° luglio 2025.

Il provvedimento fornisce nuove linee guida in materia di gestione dei crediti d’imposta inesistenti e non spettanti, in attuazione delle disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 87/2024, che ha riformato il sistema sanzionatorio in ambito tributario.

Tra gli aspetti centrali evidenziati vi è il ruolo fondamentale della certificazione tecnica degli investimenti, affidata a soggetti qualificati, quale strumento di presidio e garanzia della corretta fruizione dei benefici fiscali.

Il concetto di “inesistenza” del credito d’imposta viene ridefinito:

  • si configura solo quando mancano attività o requisiti previsti da norme di legge o decreti.

Non è invece considerato inesistente il credito basato su mancanze legate a fonti tecniche (es. manuali) non espressamente richiamate dalla normativa: in tali casi, il credito è semplicemente “non spettante” e soggetto a un diverso regime sanzionatorio.

Contesto normativo

La legge 9 agosto 2023, n. 111 (art. 20, comma 1, lett. a), ha conferito al Governo la delega per introdurre una distinzione più chiara e rigorosa, anche sul piano sanzionatorio, tra crediti d’imposta “non spettanti” e “inesistenti”.

Il Decreto Legislativo 14 giugno 2024, n. 87, ha modificato l’articolo 1 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, inserendo le lettere g-quater e g-quinquies, che definiscono rispettivamente i concetti di crediti inesistenti e non spettanti ai fini del reato di indebita compensazione.

Finalità dell’atto

Consentire all’Amministrazione finanziaria di:

  • intervenire nei termini previsti per il recupero dei crediti;
  • applicare in modo coerente le sanzioni penali e amministrative nei confronti del contribuente.

Ciò fornisce maggiore certezza giuridica per operatori e contribuenti.

Definizioni di “credito d’imposta inesistente” e “non spettante”

Dunque l’atto di indirizzo del 1° luglio 2025, ricorda la distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti, concetti che – pur sembrando simili – implicano conseguenze giuridiche e sanzionatorie molto diverse.

Crediti inesistenti

Sono considerati inesistenti quei crediti che mancano dei presupposti richiesti dalla legge, sotto il profilo oggettivo (ossia relativi all’attività o all’investimento realizzato) o soggettivo (cioè relativi al soggetto beneficiario). In pratica, si tratta di crediti che non avrebbero mai potuto esistere, perché privi delle condizioni fondamentali previste dalla normativa.

A questa categoria appartengono anche i casi più gravi, ossia quelli in cui i requisiti sono presenti solo in apparenza ma in realtà sono frutto di falsificazioni documentali o rappresentazioni fraudolente: ad esempio, l’uso di documenti falsi o simulazioni fittizie per ottenere il credito.

Infine, rientrano tra i crediti inesistenti anche quelli utilizzati senza aver adempiuto agli obblighi amministrativi previsti a pena di decadenza, come la corretta presentazione delle dichiarazioni fiscali nei termini stabiliti.

Crediti non spettanti

Diversa è la situazione dei crediti non spettanti, che si verificano quando il credito è stato utilizzato in violazione delle modalità previste dalla legge, oppure in misura superiore rispetto a quanto consentito. Qui il credito esiste formalmente, ma non può essere legittimamente fruito.

Un esempio tipico è il credito d’imposta fruito in un’unica soluzione annuale quando la normativa richiederebbe una fruizione rateale. Oppure casi in cui il credito è utilizzato per estinguere debiti non ammessi alla compensazione.

Un’altra ipotesi di credito non spettante si verifica quando il credito – pur fondato su requisiti normativi principali corretti – manca di altri elementi tecnici o qualitativi non espressamente previsti da legge o decreto, ma indicati solo in manuali o linee guida. In questi casi, il credito non viene annullato per “inesistenza”, ma viene considerato “non spettante”, con conseguenze sanzionatorie meno gravi.

Comprendere se un credito è inesistente o semplicemente non spettante ha effetti diretti sulle sanzioni applicabili. La prima categoria può portare a responsabilità penali, oltre che a sanzioni molto più pesanti; la seconda, invece, comporta solo sanzioni amministrative, generalmente più lievi.

Per quanto riguarda i crediti d’imposta non spettanti, l’atto di indirizzo dedica un’attenzione specifica a quelli di natura sovvenzionale, come i crediti per ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design, che rivestono un ruolo particolarmente significativo. In questo contesto, il documento ricorda che, secondo quanto previsto dall’articolo 23, comma 4, del Decreto Legge n. 73 del 2022, il contribuente ha la possibilità di ottenere una certificazione specifica relativa a queste tipologie di agevolazioni fiscali.

Certificazione tecnica degli investimenti: uno strumento di garanzia

Uno degli aspetti più rilevanti e innovativi introdotti dall’atto di indirizzo del MEF del 1° luglio 2025 è il riconoscimento del ruolo centrale della certificazione tecnica degli investimenti. Si tratta di uno strumento pensato per offrire maggiore certezza e tutela, sia per le imprese che usufruiscono dei crediti d’imposta, sia per l’Amministrazione finanziaria che è chiamata a controllarne la correttezza.

Si tratta di una valutazione qualificata e documentata che attesta che un determinato investimento – ad esempio in ambito ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica o design – rispetta i requisiti richiesti dalla normativa fiscale per accedere ai relativi benefici. A rilasciarla devono essere soggetti terzi dotati di specifiche competenze tecniche e abilitazioni, il cui giudizio assume un valore sostanziale e non solo formale.

Importanza della certificazione tecnica: scudo preventivo

L’atto di indirizzo chiarisce che, quando un investimento è accompagnato da una certificazione tecnica valida, l’Amministrazione finanziaria:

  • non può mettere in discussione i profili tecnico-qualitativi dell’intervento, salvo che emergano prove evidenti di frode o dolo;
  • deve limitare l’eventuale contestazione ai soli aspetti impositivi o alle modalità di fruizione del credito, ma non può negarne l’esistenza per difetti “tecnici”.

In altre parole, la certificazione diventa una sorta di “scudo preventivo”, che protegge l’impresa da contestazioni retroattive e interpretazioni arbitrarie sulle caratteristiche dell’investimento.

Aree della certificazione

Il documento elenca tre aree prioritarie in cui la certificazione tecnica può (e spesso deve) essere applicata:

  1. Ricerca e Sviluppo (R&S) – dove spesso è difficile delimitare in modo oggettivo le attività ammissibili.
  2. Innovazione tecnologica – compresa quella connessa ai paradigmi dell’Industria 4.0 e alla transizione ecologica.
  3. Design e innovazione estetica – ambito particolarmente rilevante per settori come moda, arredamento, automotive e manifattura evoluta.

In sintesi: grazie alla certificazione, si evita che eventuali incertezze interpretative sulle fonti tecniche (es. manuali o circolari) possano portare alla qualificazione del credito come “inesistente” – che comporterebbe sanzioni molto gravi – quando in realtà dovrebbe, al più, essere considerato “non spettante”.

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