Curatore inerte? SU: il fallito può impugnare l'accertamento

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Curatore inerte? SU: il fallito può impugnare l'accertamento

Con sentenza n. 11287 del 28 aprile 2023, le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione si sono pronunciate in ordine alla possibilità, per il contribuente dichiarato fallito, di impugnare l'atto di accertamento fiscale notificatogli, in caso di inerzia del curatore e qualora i presupposti del rapporto d’imposta si siano formati prima della dichiarazione di fallimento.

La questione di massima al vaglio delle SU, ritenuta suscettibile di ripercussioni anche al di fuori della materia tributaria, concerneva sia il presupposto della legittimazione straordinaria del contribuente insolvente, sia gli effetti di tale soluzione sulla natura, relativa o assoluta, dell'eccezione di difetto di legittimazione e sulle difese, al riguardo, del contribuente.

Relativamente al primo aspetto, in particolare, si chiedeva se, ai fini della legittimazione, rilevasse la mera inerzia del curatore intesa come omesso ricorso alla tutela giurisdizionale, ovvero se occorresse accertare se l'inerzia fosse o meno frutto di una valutazione ponderata da parte degli organi della procedura concorsuale.

Il contribuente fallito può impugnare l’accertamento se il curatore rimane inerte

Ebbene, secondo gli Ermellini, il fatto che il vigente apparato sanzionatorio tributario sia impostato secondo uno stampo di tipo penalistico unitamente alla considerazione della certa finalità afflittivo - deterrente delle sanzioni amministrativo - tributarie, indurrebbero ad ammettere che il contribuente fallito possa impugnare, in proprio, l'atto impositivo ritenuto illegittimo nel caso in cui non provveda, per qualsiasi ragione, il curatore.

L'opposta soluzione, del resto, finirebbe con il creare anche uno squilibrio eccessivo in tutti quei casi in cui l'inerzia del curatore non si giustifichi tanto con un convincimento di effettiva e vagliata infondatezza, in fatto o in diritto, della contestazione della pretesa tributaria, quanto in una prognosi economica del tutto contingente di certa o verosimile incapienza in sede di riparto.

Del resto, lo stesso obiettivo del consolidato indirizzo di legittimità circa la necessità di notificazione dell'avviso anche al contribuente fallito, in modo tale da porre quest'ultimo in condizione di impugnarlo, verrebbe non poco svilito se tale impugnazione venisse poi impedita da una diversa valutazione degli organi della procedura.

Per quel che concerne, invece, il regime di rilevabilità del difetto di capacità processuale del fallito, la Suprema corte, dopo aver richiamato gli opposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità, ha affermato di condividere la lettura secondo la quale il relativo vizio avrebbe carattere assoluto, così da poter essere rilevato anche d'ufficio dal giudice tutte le volte che emerga dagli atti di causa l'interesse della curatela per il rapporto dedotto in lite.

Sezioni Unite: rileva il comportamento di semplice inerzia del curatore

In definitiva, secondo le Sezioni Unite, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare, ex articolo 43 della Legge Fallimentare, in caso di astensione del curatore dall’impugnazione, rilevando, a tal fine, il comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia di questi, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato.

Nel caso poi in cui non si ravvisi uno stato di inerzia del curatore, così come appena inteso, si ha il difetto della capacità processuale del fallito in ordine all’impugnazione dell’atto impositivo, difetto rilevabile anche d’ufficio dal giudice, in ogni stato e grado del processo.

Alla luce di tali assunti, le SS. UU. civili hanno cassato la decisione con cui la Commissione Tributaria Regionale aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un contribuente, dichiarato fallito in proprio, ravvisando il suo difetto di legittimazione in conseguenza della mancata inerzia della curatela, la quale aveva rinunciato ad impugnare gli avvisi di accertamento all'esito di specifiche valutazioni fatte di concerto con il giudice delegato.

La ratio decidendi dei giudici di merito, per la Corte, si poneva in contrasto con i principi sopra enunciati, portando a dichiarare inammissibile un ricorso che invece non lo era.

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