Giustificato motivo oggettivo: repêchage e tutela dei lavoratori caregiver

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La giustificazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, legato agli interessi dell’impresa, deve essere supportata dall’impossibilità di collocare adeguatamente il dipendente in un'altra posizione lavorativa.

Nel caso di lavoratore caregiver, peraltro, l’obbligo di repêchage deve essere adempiuto con particolare attenzione e in modo ancora più rigoroso.

Il datore di lavoro non può licenziare un lavoratore che assiste un familiare malato, se rifiuta di cambiare l'orario cui è stato assegnato per anni. Deve esplorare la possibilità di offrirgli un'altra mansione.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: quando può dirsi legittimo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18063 del 3 luglio 2025, si è pronunciata su un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, fornendo chiarimenti sulle modalità di ricollocamento del lavoratore e sui diritti dei dipendenti che fruiscono della legge 104/92 per l’assistenza di familiari disabili.

Fatti del caso

Il lavoratore in questione, impiegato presso una società, aveva richiesto di mantenere l'orario di lavoro a ciclo continuo, praticato per oltre vent'anni, per poter assistere la moglie disabile. Tuttavia, a seguito della soppressione del suo posto di lavoro, l'azienda gli aveva offerto una ricollocazione con un nuovo orario articolato su due turni, che il lavoratore aveva rifiutato, preferendo una nuova mansione che gli consentisse di continuare a lavorare secondo il suo precedente orario.

Il datore di lavoro, pertanto, aveva deciso di procedere con il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

La Corte di Appello aveva inizialmente confermato il licenziamento, ritenendo che la proposta di ricollocazione fosse adeguata e che il rifiuto del lavoratore fosse ingiustificato, poiché il datore di lavoro non era obbligato a soddisfare le sue preferenze in termini di orario.

La decisione della Cassazione

La Corte di legittimità, tuttavia, ha parzialmente accolto il ricorso del lavoratore, annullando, con rinvio, la sentenza d'Appello.

Nella propria disamina, la Cassazione ha sottolineato l’obbligo del datore di lavoro di esplorare tutte le possibili alternative di ricollocazione, soprattutto quando il lavoratore fruisce della legge 104/92 per l’assistenza di un familiare disabile.

Ebbene, nella specie, la proposta di ricollocazione offerta dal datore di lavoro non teneva sufficientemente conto delle specifiche esigenze del lavoratore, né delle soluzioni disponibili nell’organizzazione aziendale.

In particolare, la società aveva assunto, dopo il licenziamento del lavoratore, nuovi dipendenti che ricoprivano mansioni simili a quelle precedentemente svolte dal ricorrente, ma con orari di lavoro a ciclo continuo.

Questo fatto ha portato la Corte a concludere che l’impossibilità di ricollocare il lavoratore non era adeguatamente giustificata.

La causa, quindi, è stata rimessa alla Corte di Appello in diversa composizione, affinché riveda la valutazione del caso, tenendo conto delle opzioni di ricollocamento non adeguatamente esplorate dall'azienda.

Il principio del "repêchage"

Un aspetto cruciale della sentenza riguarda il principio del "repêchage", ovvero l'obbligo di ricollocazione del lavoratore, che riveste un ruolo fondamentale nella disciplina del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

La Corte di Cassazione ha ribadito che, quando un datore di lavoro decide di licenziare un dipendente per soppressione del posto di lavoro, non basta semplicemente dimostrare l'esistenza di una necessità organizzativa. Il datore di lavoro deve, infatti, provare che non vi siano altre possibilità di impiegare il lavoratore in mansioni equivalenti o, in alternativa, anche inferiori.

Questo obbligo di ricollocamento si estende anche quando le nuove mansioni richiedano un cambiamento, come l'adattamento a orari differenti rispetto a quelli precedentemente svolti.

Secondo la giurisprudenza, il datore di lavoro ha il dovere di esplorare tutte le possibili soluzioni prima di giungere al licenziamento.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, l'azienda non aveva adeguatamente preso in considerazione le opportunità di rioccupazione disponibili, violando così il principio di "repêchage", che implica un'indagine approfondita delle opzioni esistenti.

Caregiver: repêchage ancora più rigoroso

Quando il lavoratore beneficia della legge n. 104/1992 per assistere un familiare disabile - hai poi evidenziato la Corte -  l’obbligo di repêchage deve essere adempiuto con particolare rigore, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.

È necessario bilanciare le esigenze dell’impresa con i diritti del lavoratore, tenendo conto dei doveri inderogabili di solidarietà previsti dalla normativa a sostegno delle persone con disabilità.

In questo contesto, il giudice è chiamato a effettuare un bilanciamento tra gli interessi del datore di lavoro e quelli del lavoratore, garantendo che le necessità assistenziali del familiare disabile vengano rispettate, a meno che le esigenze aziendali non siano effettivamente insuperabili e non possano essere soddisfatte in altro modo.

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