Gli emendamenti del Cndcec al DDl sulle professioni fuori dagli Albi

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Nel corso dell’audizione presso la Commissione Industria del Senato, il consigliere Cndcec, Andrea Bonechi, in rappresentanza del Cup, ha illustrato gli emendamenti presentati in merito al disegno di legge AS 3270 sulle disposizioni in materia di professioni non organizzate in Ordini o Collegi. Due le richieste principali:

- eliminare dal testo la parola “professione”, usata impropriamente e causa di confusione;

- evitare che le associazioni possano svolgere sia le attività riservate ai professionisti iscritti in albi, sia quelle caratteristiche contemplate negli ordinamenti professionali.

Obiettivo della prima richiesta è di “sgombrare il campo da possibili equivoci interpretativi circa il soggetto che per l’ordinamento giuridico italiano è qualificabile come ‘professionista’ ed il soggetto che pur svolgendo servizi che hanno ad oggetto prestazioni d’opera intellettuali non può essere qualificato come ‘professionista’”. Se è vero che il Ddl affronta il tema delle associazioni separatamente dal tema delle professioni regolamentate, si vuole evitare che esso costituisca l’ennesimo tentativo degli iscritti alle associazioni di acquisire in via surrettizia lo status di professionista. Viene sottolineato che alle attività di lavoro intellettuale, rispetto alle professioni intellettuali, manca un tipizzato percorso di accesso, il sostenimento dell’esame di Stato e l’iscrizione all’albo tenuto da un ente pubblico da cui discende l’assoggettamento agli obblighi deontologici ed alla vigilanza disciplinare con le relative sanzioni interdittive.

Un secondo emendamento trova l’avallo dalla sentenza 11545/2012 delle Sezioni Unite Penali della Cassazione, in cui si esplicita che il reato di svolgimento delle attività caratteristiche degli iscritti all’Albo sussiste quando tali attività siano poste in essere con modalità che determinano “le oggettive apparenze” dell’esercizio della professione, rispetto alla quale tali attività sono caratteristiche. Ad esempio quando il soggetto agente non espliciti in modo inequivoco che egli non è munito di quella specifica abilitazione e opera in forza di altri titoli o per esperienza personale comunque acquisita, cioè che non è un professionista. Di qui, spiega Bonechi, se l’esercizio delle attività citate avviene ad opera di soggetti non abilitati attraverso l’utilizzo di strutture che presentano denominazioni generiche, tipo “studio commerciale” “studio elaborazioni contabili”, sarà assai arduo dimostrare da parte loro di aver esplicitato in modo inequivoco ai propri clienti di non essere muniti della specifica abilitazione professionale.
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