Infortunio sul lavoro. Presidio antinfortunistico rimosso? Datore condannato

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Infortunio sul lavoro. Presidio antinfortunistico rimosso? Datore condannato

La mancanza anche di un solo estintore nell'area di servizio carburanti può pregiudicare l'integrità fisica dei lavoratori e dell'ambiente di lavoro, rendendo più difficile la tutela dai pericoli d'incendi.

E' quanto si apprende dalla lettura della sentenza della Corte di cassazione n. 36908 del 7 settembre 2023, in cui è contenuta un'interessante disamina in ordine al reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Infortuni sul lavoro, reato di rimozione od omissione dolosa di cautele

Si tratta della fattispecie contemplata dall'art. 437 cod. pen. che sanziona, con la pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni, la condotta di chiunque "omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia".

E' inoltre previsto, al secondo comma dell'articolo, che la pena della reclusione diventa da 3 a 10 anni laddove dal fatto derivi un disastro o un infortunio.

Il predetto reato è ricompreso tra quelli di pericolo per la pubblica incolumità e, nella sua forma commissiva (rimozione ovvero del danneggiamento degli impianti, apparecchi ovvero segnali), è un reato comune.

Condizioni di configurabilità del reato

Per quanto riguarda le condizioni alla stregua delle quali è possibile configurare il delitto in esame, la Suprema corte ha rammentato quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

E' stato evidenziato, in proposito, che ai fini dell'integrazione di tale ipotesi delittuosa occorre che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro, si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo.

L'indirizzo seguito dalla prevalente giurisprudenza, dunque, assegna centrale rilevanza al carattere di diffusività del pericolo derivante dalla rimozione o omissione di apparecchi destinati a prevenire infortuni sul lavoro.

Rilevanza del carattere di diffusività del pericolo

Ed è a tale orientamento che ha inteso dare continuità la Prima sezione penale della Cassazione rispetto alla lettura che riconosce penale rilevanza alle condotte che, attraverso la violazione della normativa prevenzionale, abbiano messo a repentaglio l'incolumità di un singolo lavoratore.

Secondo gli Ermellini, in altri termini, l'indagine demandata all'interprete dev'essere svolta sul piano della potenziale offensività del comportamento irrispettoso della normativa prevenzionale piuttosto che su quello dell'individuazione della platea dei soggetti materialmente coinvolti.

Rimozione estintore: il datore rischia la condanna

La vicenda in esame riguardava il riconoscimento della penale responsabilità di un datore di lavoro per quanto riguarda la contestazione di rimozione, da parte del medesimo, di un estintore allocato nell'area di servizio carburanti.

Ebbene, secondo il Collegio di legittimità, la Corte territoriale si era correttamente conformata ai principi sopra richiamati, avendo indicato le ragioni per le quali aveva ritenuto che la condotta dell'imputato avesse assunto il prescritto carattere di potenziale diffusività del pericolo.

Nelle motivazioni, infatti, si era dato adeguato e coerente conto del fatto che l'asportazione, dal distributore di carburante, anche di un solo estintore, sicuro presidio indispensabile alla sicurezza del luogo sotto il profilo della prevenzione d'incendi, era senz'altro idoneo - quanto meno in via astratta - a pregiudicare l'integrità fisica dei lavoratori e di tutte le persone gravitanti attorno a quell'area o che avevano accesso, trattandosi di un luogo caratterizzato dal elevatissima concentrazione di sostanze infiammabili.

Senza contare che si trattava di un distributore di carburante situato su una strada provinciale, a traffico veicolare ordinario.

La motivazione fornita, in definitiva, resisteva alle censure, generiche e controvalutative, mosse dall'imputato, il cui ricorso è stato definitivamente rigettato.

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