Manca l’avviso? Il decreto di citazione a giudizio deve essere equipollente

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 15632 depositata il 4 aprile 2013, ha annullato, con rinvio, la decisione di condanna per omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali disposta dai giudici di merito nei confronti di un amministratore di condominio a cui era stato notificato decreto di citazione a giudizio ma non, precedentemente, avviso di pagamento da parte dell’Inps.

I giudici di legittimità, in particolare, hanno censurato le motivazioni rese dalla Corte d’appello investita della decisione di merito la quale aveva affermato che l’imputato, una volta raggiunto dalla notifica del decreto di citazione in giudizio, era da ritenere pienamente a conoscenza dell’avviso dell’Inps; lo stesso organo giudicante, tuttavia, non aveva provveduto a verificare l’effettiva equipollenza tra l’avviso non notificato e il contenuto del decreto di citazione e se, in particolare, quest’ultimo atto contenesse tutti gli elementi essenziali dell'avviso dell'ente di previdenza medesimo.

La Suprema corte, in tale contesto, ha dapprima sottolineato che, nelle ipotesi in cui non risulti certa la contestazione della notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni, il termine di tre mesi concesso per provvedere al versamento dovuto e che rende operante la causa di non punibilità di cui all'articolo 2 della Legge n. 638/1883, inizia a decorrere dalla notifica del decreto di citazione per il giudizio o eventualmente dalla notifica dell’avviso di conclusione indagini preliminari.

In ogni caso, se l’esercizio dell'azione penale sia avvenuto prima che l’imputato sia stato messo in condizione di fruire della causa di non punibilità o per l'omessa contestazione e notificazione dell'accertamento delle violazioni o per irregolarità della notificazione dell'accertamento, “il giudice di merito deve verificare se l'imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all’avviso dell’ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà concessagli dalla legge”.
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