Reddito di cittadinanza, il reato di false dichiarazioni continua ad applicarsi

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Reddito di cittadinanza, il reato di false dichiarazioni continua ad applicarsi

Dalla Corte di cassazione sono giunte alcune indicazioni in ordine alla rilevanza del reato di false dichiarazioni per ottenere il reddito di cittadinanza in vista della definitiva abrogazione del beneficio, prevista per il 1° gennaio 2024.

Per gli Ermellini, le disposizioni di carattere penale intese a sanzionare chi abbia indebitamente conseguito il RdC, così come gli effetti penali connessi, sono ancora in vigore e continuano ad applicarsi.

Indebita percezione di reddito di cittadinanza: è reato fino a fine 2023

Con sentenza n. 37836 del 16 settembre 2023, la Terza sezione penale della Cassazione ha respinto il ricorso promosso da un imputato, riconosciuto penalmente colpevole di avere reso false dichiarazioni in occasione della presentazione della domanda per l'ottenimento del reddito di cittadinanza.

Lo stesso, nella specie, aveva omesso di comunicare la titolarità di quote sociali a lui spettanti e di cariche di rappresentanza di soggetti giuridici dal medesimo rivestite.

RdC, reato di false dichiarazioni nel regime transitorio

Nel confermare le conclusioni rese dalla Corte d'appello, gli Ermellini hanno giudicato utile esaminare, in via preliminare, il tema, non sollevato dalle parti ma, comunque, evidentemente suscettibile di essere valutato anche ex officio, della perdurante rilevanza penale della condotta contestata al ricorrente nel regime transitorio che porterà alla definitiva sostituzione del RdC con l'Assegno di inclusione.

Si rammenta, infatti, che con la Legge n. 197/2022 è stata disposta, fra l'altro, l'abrogazione degli artt. da 1 a 13 del Decreto-legge n. 4/2019, istitutivo del reddito di cittadinanza.

Questo, nell'ambito dell'articolata riforma volta, in un primo tempo, ad un ridimensionamento e, quindi, alla rimozione, in un arco temporale più ampio, della disciplina di cui al Decreto legge medesimo.

Tra le norme abrogate, dunque, vi è anche l'art. 7 del detto provvedimento, contenente le disposizioni di carattere penale intese a sanzionare chi abbia indebitamente conseguito il beneficio economico.

L'efficacia dell'effetto abrogativo, in tale contesto, è stata fissata dal legislatore alla data del 1° gennaio 2024.

Ne discende che, sebbene la nuova legge sia entrata in vigore già alla data del 1 gennaio 2023, la concreta efficacia dell'effetto abrogativo previsto dalla disposizione appena richiamata deve intendersi sospesa sino alla diversa data del 1° gennaio 2024.

A quanto detto consegue, altresì, la perdurante applicazione della previsione di cui all'art. 7, ancora in vigore, e degli effetti penali da esso previsti.

Del resto - ha continuato la Corte - ai fini della legge penale occorre fare riferimento alla normativa vigente sia al momento del fatto che al momento di celebrazione del giudizio.

E così, per effetto della menzionata clausola di postergazione dell'effetto abrogativo, il fatto attribuito all'imputato costituiva reato alla data di sua realizzazione e lo costituisce ancora al momento della decisione, "a nulla rilevando - se non che per gli eventuali, diversi, effetti del secondo periodo dell'art. 2, comma secondo, cod. pen. - la successiva, ancorché anteriormente prevista, abrogazione della norma incriminatrice".

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