Regole antiriciclaggio violate, giustificato motivo di licenziamento

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Regole antiriciclaggio violate, giustificato motivo di licenziamento

La Corte di cassazione ha confermato il licenziamento comminato a una dipendente delle Poste alla quale era stato contestato di aver dolosamente violato il regolamento interno e le norme in materia di antiriciclaggio.

Nel dettagio, alla lavoratrice era stato addebitato di aver effettuato - in qualità di collaboratrice del direttore dell'ufficio postale - le operazioni preliminari di apertura di alcuni conti correnti dietro richiesta di un mai identificato cliente, presentando i moduli firmati e le copie di falsi codici fiscali e di documenti dei presunti intestatari (mai presentatisi in ufficio) ad una propria sottoposta, e garantendo sulla serietà delle persone in oggetto.

Gli Ermellini, con ordinanza n. 17321 del 19 agosto 2020, hanno ritenuto legittima la decisione della Corte territoriale, la quale aveva riscontrato, in capo alla ricorrente, una infrazione disciplinare di particolare gravità, sussumibile nella nozione legale di giustificato motivo soggettivo di licenziamento, a fronte della violazione non solo di regole interne ma soprattutto della normativa antiriciclaggio.

La condotta della dipendente era stata valutata anche in considerazione della intenzionalità e delle peculiarità oggettive della condotta, in quanto la medesima rivestiva un ruolo delicato e rilevante all'interno dell'ufficio, ruolo che aveva utilizzato strumentalmente nei confronti della dipendente gerarchicamente sottoposta al fine di completare le operazioni di apertura dei conti correnti in esame.

La Suprema corte ha inoltre ricordato come il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato sia devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità se non nei limiti del vizio di motivazione.

Infrazione disciplinare di particolare gravità: sì al licenziamento 

Nella vicenda in oggetto, anche se la Corte di Appello aveva ritenuto non integrata l'ipotesi espulsiva prevista dall'art. 54, comma V, lett. c) del CCNL di riferimento, aveva comunque ravvisato l'estrema gravità della violazione delle disposizioni di servizio e delle normative in quanto finalizzate "alla prevenzione delle attività di riciclaggio”.

La condotta della dipendente – a detta dei giudici di merito – aveva integrato quel notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro tale da costituire giustificato motivo di licenziamento, e ciò in considerazione anche della intenzionalità e delle peculiarità oggettive della condotta.

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