Tracciabilità della retribuzione: quando scatta l'obbligo

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Tracciabilità della retribuzione: quando scatta l'obbligo

Anche la prestazione di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura (LOAgri) va corrisposta al lavoratore mediante strumenti di pagamento tracciabili. Ad evidenziarlo è l’INPS con la circolare n. 102 del 12 dicembre 2023 con cui l’Istituto traccia le linee guida operative per il nuovo istituto sperimentale introdotto, dalla legge di Bilancio 2023 (articolo 1, comma 344), per il biennio 2023-2024.

Ma facciamo un passo indietro e focalizziamo l’attenzione sull’obbligo, a carico del datore di lavoro e del committente, di corrispondere la retribuzione esclusivamente con modalità tracciabili.

L’obbligo in oggetto è stato introdotto dalla legge di Bilancio 2018 (articolo 1, commi da 910 a 914, legge 27 dicembre 2017, n. 205) a decorrere dal 1° luglio 2018 e alle disposizioni di legge è stata data attuazione con successive istruzioni, in particolare dell’Ispettorato nazionale di lavoro.

Come va erogata la retribuzione? Quando scattano le sanzioni? A quanto ammontano?

Di seguito le risposte alla luce delle indicazioni fornite dall’INL.

Obbligo di tracciabilità della retribuzione

Dal 1° luglio 2018, in base a quanto disposto dalla legge di Bilancio 2018 (articolo1, comma 910), i datori di lavoro (o i committenti) sono tenuti a corrispondere, ai lavoratori, la retribuzione attraverso una banca o un ufficio postale e mediante uno dei seguenti strumenti di pagamento tracciabili:

  • bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronico. Rientra in questa casistica anche il versamento effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche se la carta non è collegata ad un IBAN a condizione, in tale ultimo caso, che il datore di lavoro conservi le ricevute di versamento ai fini di una eventuale esibizione agli organi di vigilanza (INL nota n. 5828 del 4 luglio 2018);
  • in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento. È consentito anche il pagamento in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni (INL nota n. 7369 del 10 settembre 2018);
  • con assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. Rientra in tale ambito anche il pagamento delle retribuzioni con il vaglia postale purché effettuato nel rispetto delle condizioni e delle modalità di cui all’art. 49, commi 7 e 8, del D.Lgs. n. 231/2007 e a condizione che vengano indicati nella causale i dati essenziali dell’operazione vale a dire il datore di lavoro che effettua il versamento e il lavoratore/ beneficiario, data ed importo dell’operazione ed il mese di riferimento della retribuzione (INL nota n. 7369 del 10 settembre 2018).

NOTA BENE: L'impedimento è comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.

Per i soci lavoratori di cooperativa che siano anche “prestatori” ovvero che intrattengano con la cooperativa un rapporto di prestito sociale, l’INL con nota n. 5828 del 4 luglio 2018 ha chiarito che è ammesso il pagamento delle retribuzioni attraverso versamenti sul “libretto del prestito”, aperto presso la medesima cooperativa, a condizione che:

  • tale modalità di pagamento sia stata richiesta per iscritto dal socio lavoratore “prestatore”;
  • il versamento sia documentato nella “lista pagamenti sul libretto” a cura dell’Ufficio paghe e sia attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’effettivo accreditamento il giorno successivo alla sua effettuazione.

Con le modalità prima illustrate devono essere effettuati anche eventuali anticipi della retribuzione.

A quali rapporti di lavoro si applica

Il divieto di corrispondere la retribuzione in contanti direttamente al lavoratore scatta in presenza di qualsiasi:

  • rapporto di lavoro subordinato (articolo 2094, codice civile), indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto;
  • rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
  • contratto di lavoro instaurato in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci (legge 3 aprile 2001, n. 142).

Inoltre, il divieto assoluto di erogare la retribuzione in contanti si applica nei confronti dei lavoratori richiedenti asilo in attesa del permesso di soggiorno (INL, nota n. 5293 del 5 giugno 2019) e, come accennato in partenza, nei confronti dei prestatori di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura (LOAgri) (INPS, circolare n. 102 del 12 dicembre 2023).

Quali rapporti di lavoro sono esclusi

Non sono invece assoggettati all’obbligo di pagamento tracciato della retribuzione:

  • i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni (articolo 1, comma 2, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165);
  • i rapporti di lavoro domestico (di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339 o comunque rientranti nell'ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale);
  • i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale (non espressamente richiamati dal comma 913, ma esclusi dall’obbligo in parola secondo quanto chiarito dall’INL nella nota n. 4538 del 22 maggio 2018).

ATTENZIONE: Si ricorda che, salvo specifiche deroghe, dal 1° gennaio 2023, i pagamenti in contanti sono consentiti entro il limite di 5.000 euro in luogo del limite dei 2.000 euro valido dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2022 (legge di Bilancio 2023, articolo 1, comma 384, legge n. 197/2022).

Tracciabili solo gli elementi della retribuzione

È ora necessario focalizzarsi su un altro importante aspetto, vale a dire la natura delle somme soggette all’obbligo di tracciabilità

In ordine a questo aspetto ci vengono in soccorso due note dell’INL: la nota n. 6201 del 16 luglio 2018 e la nota n. 7369 del 10 settembre 2018.

Preliminarmente appare opportuno sottolineare che il ricorso a mezzi di pagamento tracciabili (applicabile, come in precedenza sottolineato, anche agli anticipi della retribuzione), è obbligatorio esclusivamente per gli elementi della retribuzione.

Non lo è invece per la corresponsione di somme erogate a diverso titolo, quali anticipi di cassa effettuati per spese che i lavoratori devono sostenere nell’interesse dell’azienda e nell’esecuzione della prestazione, come ad esempio anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio, che invece possono essere corrisposte in contanti.

Caso dell’indennità di trasferta
L’indennità di trasferta va erogata con modalità di pagamento tracciabili se di natura “mista”, vale a dire risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche.
Non rientra invece nell’ambito degli obblighi di tracciabilità se le somme sono versate esclusivamente a titolo di rimborso, chiaramente documentato, in quanto aventi natura solo restitutoria.

ATTENZIONE: Per la stessa motivazione sono evidentemente esclusi dall’obbligo di pagamento con strumenti tracciabili anche i rimborsi chilometrici riconosciuti al dipendente che utilizza la propria automobile per trasferte e viaggi di lavoro. Tali rimborsi, esclusivamente nell’ambito di trasferte effettuate dal lavoratore al di fuori da territorio comunale, non sono infatti classificabili come retribuzione, ma come indennizzo per i costi sostenuti da lavoratore per l’impresa e, si ricorda, non sono imponibili ai fini fiscali e contributivi.

Firma del lavoratore sulla busta paga

Il legislatore (ultimo periodo del comma 912, articolo 1, legge di Bilancio 2018) stabilisce che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione.

In poche parole, la dichiarazione resa dal lavoratore che confermi di essere stato pagato con strumenti tracciabili non vale come prova ai fini dell'esonero da responsabilità del datore di lavoro in quanto l’osservanza dell’obbligo normativo deve essere strettamente connesso alla effettiva tracciabilità delle operazioni di pagamento e alla loro possibile verifica da parte degli organi di vigilanza (INL, nota prot. n. 473 del 22 marzo 2021).

NOTA BENE: Pertanto è passibile di sanzione il datore di lavoro che non esibisca una documentazione che attesti il pagamento con strumenti tracciabili della retribuzione, ma consegni al personale ispettivo solo la dichiarazione del lavoratore che afferma di non essere stato pagato in contanti (INL, nota prot. n. 473 del 22 marzo 2021).

E sempre connesso alla necessità di garantire l’effettiva tracciabilità delle operazioni eseguite, in capo al datore di lavoro è previsto un generale obbligo di conservazione della documentazione, in particolare delle ricevute di versamento, da esibire agli organi di vigilanza in caso di accertamento ispettivo.

Sanzioni

Al datore di lavoro o committente che viola l'obbligo di tracciabilità della retribuzione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

Ma quando risulta integrata la violazione in oggetto e come si calcola la sanzione?

Lasciamoci anche in questo caso guidare dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato nazionale del lavoro che al riguardo chiariscono che si viola l'obbligo di tracciabilità della retribuzione (INL, nota n. 4538 del 22 maggio 2018):

a) quando la corresponsione delle somme avviene con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;

b) nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato. L’INL riporta l’esempio del bonifico bancario in favore del lavoratore successivamente revocato ovvero dell’assegno emesso e annullato prima dell’incasso.

Il datore di lavoro pertanto non solo deve aver disposto il pagamento con strumenti tracciabili, ma deve accertarsi che lo stesso sia andato a buon fine.

ATTENZIONE: L’illecito in oggetto non è diffidabile ex art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 124/2004 in quanto non materialmente sanabile. Ad esso si applicano le disposizioni di cui alla L. n. 689/1981 (la sanzione è determinata nella misura ridotta di 1666,66 euro in base all'articolo 16) e al D.Lgs. n. 124/2004 (con l’eccezione di cui prima).

Venendo poi alle modalità di calcolo della sanzione,  si fa presente che l’illecito si configura ogni volta venga corrisposta la retribuzione in violazione del comma 910 dell’art. 1 L. n. 205/2017, secondo la periodicità di erogazione che, di norma, avviene mensilmente. In buona sostanza, si applicano tante sanzioni quante sono le mensilità erogate in violazione delle disposizioni .

L’INL (nota n. 5828 del 4 luglio 2018) ha  inoltre chiarito che il predetto regime sanzionatorio si applica a prescindere dal numero di lavoratori interessati dalla violazione.

Esempio
Violazione protrattasi per 3 mensilità in relazione a due lavoratori
Sanzione ridotta pari a euro 1666,66 x 3 = 5.000 euro (importo calcolato indipendemente dal numero dei lavoratori interessati dalla violazione).

Lavoro sommerso e retribuzioni in contanti

Il ricorso a strumenti di pagamento non tracciabili è ovviamente frequente nei casi di impiego di lavoratori “in nero”.

In tale ipotesi, se a seguito di accertamento ispettivo (INL, nota 9294 del 9 novembre 2018) si dovesse riscontrare altresì che la remunerazione dei lavoratori irregolari è avvenuta in contanti in violazione del comma 910 dell’art. 1 L. n. 205/2017, in aggiunta alla c.d. maxi sanzione per lavoro “nero”, verrà applicata anche la sanzione prevista dal comma 913.

Considerando che nelle ipotesi di lavoro “nero” la periodicità della erogazione della retribuzione può non essere mensile,si configurano, in caso di accertata corresponsione giornaliera della retribuzione,  tanti illeciti per quante giornate di lavoro in “nero” sono state effettuate.

Cumulo giuridico e continuazione tra reati

Infine, come chiarito dall’Ispettorato nazionale del lavoro (INL; nota n. 606 del 15 aprile 201), alle fattispecie sanzionatorie in esame non si applica

  • l’istituto del cumulo giuridico di cui all’art. 8, comma 1, della L. n. 689/1981 non trattandosi di condotte riconducibili ad una configurazione unitaria;
  • l’istituto della continuazione di cui di cui all'art. 8, comma 2, non trattandosi di violazioni in materia previdenziale e assistenziale;
  • in via analogica, la normativa dettata dall’art. 81 c.p., in tema di continuazione tra reati.

QUADRO NORMATIVO

Legge 27 dicembre 2017, n. 205

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