Ricerca e Sviluppo: per il credito d’imposta conta l’innovazione relativa

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Ai fini del credito d’imposta R&S del periodo 2015-2016, l’innovazione deve essere valutata rispetto alle conoscenze disponibili per l’impresa e non in termini assoluti.

Credito R&S: l’innovazione si valuta per la singola impresa

Con la sentenza n. 1482/25/2025, depositata il 16 giugno 2025, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia si è espressa sul credito d’imposta per ricerca e sviluppo (R&S) affermando un principio interpretativo di rilievo applicativo.

Secondo i giudici tributari, l’innovatività va valutata rispetto alle conoscenze scientifiche e tecnologiche disponibili per l’impresa, non in base al livello di conoscenza assoluto presente nel mercato.

La controversia: contestazione di crediti R&S per innovazione non “assoluta”  

L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Mantova – aveva contestato a una società l’utilizzo di crediti d’imposta R&S relativi agli anni 2015 e 2016, utilizzati in compensazione nel 2017, ritenendoli inesistenti in quanto i progetti presentati non soddisfacevano i cinque criteri del Manuale di Frascati 2015 (novità per il mercato, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità).

Secondo l’Ufficio, i progetti in questione – tra cui uno finalizzato all’integrazione software nei sistemi ferroviari e un altro relativo a nuove soluzioni per cisterne – rientravano in attività ordinarie di sviluppo prodotto, privi del carattere di novità tecnologica assoluta.

Iter del giudizio tributario

Il contenzioso era sorto a seguito della notifica, nel marzo 2023, di un atto di recupero con cui l’Agenzia delle Entrate contestava l’inesistenza dei predetti crediti d’imposta R&S.

La società aveva impugnato l’atto dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Mantova, che aveva accolto il ricorso.

L’Agenzia, quindi, aveva proposto appello, sostenendo l’inammissibilità dei progetti.

La Corte di secondo grado, con sentenza n. 1482/25/2025, ha respinto l’appello e condannato l’Ufficio alle spese di lite.

La decisione della CGT: l’innovazione va valutata in relazione alla singola impresa  

Nel motivare la propria decisione, la Corte di II grado ha accolto la tesi secondo cui, nel periodo di riferimento, l’ammissibilità al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo (R&S) non poteva essere subordinata al requisito di una novità assoluta su scala di mercato. Al contrario, essa doveva essere valutata in funzione dello stato delle conoscenze scientifiche e tecnologiche accessibili all’impresa stessa al momento della realizzazione del progetto.

L’assunto è stato sviluppato attraverso tre linee argomentative principali:

1. Inapplicabilità del Manuale di Frascati 2015 per motivi temporali  

La Corte ha escluso la rilevanza del Manuale di Frascati nella versione 2015, ritenendolo non applicabile ratione temporis ai progetti in questione, realizzati nel biennio 2015-2016. È stato invece ritenuto corretto il riferimento al Manuale di Frascati 2002, che, diversamente dalla versione successiva, non prevede i cinque criteri strutturati (novità per il mercato, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità), ma si limita a richiedere un “apprezzabile elemento di novità” e la presenza di incertezze scientifiche o tecnologiche. 

2. Rilevanza interpretativa delle Linee Guida MIMIT del 2024  

Le Linee Guida ministeriali emanate dal MIMIT (ex MISE) assumono un ruolo centrale nel chiarire l’interpretazione della disciplina R&S applicabile ai periodi antecedenti. In particolare, il documento precisa che non è necessario che le attività siano nuove in senso assoluto, ma è sufficiente che esse risultino nuove per la singola impresa.

Secondo il MIMIT - si legge nella decisione - nell'ambito della ricerca e sviluppo ex art. 3, DL 145/2013 devono rientrare "anche le attività non necessariamente nuove in senso assoluto, bensì nuove per la singola impresa".

Ciò vale anche nei casi in cui conoscenze analoghe siano già state acquisite da altri operatori, ma non fossero accessibili al contribuente per ragioni tecniche, di segretezza industriale o di mancanza di informazioni pubbliche disponibili.

3. Continuità con la prassi amministrativa e normativa nazionale  

La Corte ha infine sottolineato come questa lettura sia perfettamente allineata con l’interpretazione fornita in precedenza sia dalla normativa che dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria. In particolare:

  • il DM 28 marzo 2008, applicabile alla versione precedente del credito R&S;
  • la circolare MISE 46586/2009, che ha riconosciuto la rilevanza dello sforzo scientifico-tecnologico rispetto allo stato di conoscenza dell’impresa;
  • la circolare dell’Agenzia delle Entrate 5/E/2016, che ha ripreso i medesimi criteri interpretativi.

In sintesi, il Collegio ha ritenuto che il requisito di innovazione debba essere interpretato in senso relativo e non assoluto. Come espresso nella motivazione della sentenza:

“L’interpretazione restrittiva di innovatività ‘in senso assoluto’ (e non per l’azienda) non è coerente con la disciplina normativa domestica che espressamente agevola il miglioramento di prodotti e processi esistenti.”

Tale principio consente di riconoscere l’ammissibilità al beneficio anche in assenza di brevetti o rivoluzioni tecnologiche, purché vi sia un effettivo progresso rispetto alla condizione di partenza dell’impresa, documentabile attraverso attività di ricerca o sperimentazione strutturata.

Altri profili rilevanti della sentenza  

Competenza tecnica dell’Ufficio  

La Corte ha inoltre rilevato una carenza istruttoria da parte dell’Agenzia delle Entrate, evidenziando che, nonostante la complessità tecnico-scientifica dei progetti oggetto di verifica, l’Ufficio non ha acquisito alcun parere tecnico dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT).

Tale omissione è stata ritenuta significativa, in quanto ha privato l’accertamento di un supporto specialistico necessario per valutare correttamente i requisiti oggettivi richiesti per il credito R&S. La valutazione autonoma dell’Ufficio, basata su considerazioni interne e ricerche non qualificate, è stata giudicata inadeguata.

I giudici tributari hanno quindi ribadito che, in presenza di elementi tecnici rilevanti, è necessario il coinvolgimento dell’amministrazione competente, a garanzia della correttezza e legittimità del procedimento accertativo.

Natura del credito: non spettante, non inesistente  

Richiamando le recenti modifiche normative introdotte dal D.Lgs. 87/2024, la Corte ha altresì rilevato che i crediti contestati, pur eventualmente non spettanti, non possono considerarsi inesistenti, mancando qualunque elemento di frode, simulazione o costruzione artificiosa.

Tale distinzione, oggi recepita anche nel testo aggiornato dell’art. 13, comma 4 del D.Lgs. 471/1997, è determinante per le conseguenze sanzionatorie e per i termini di decadenza dell’azione accertativa.

Implicazioni pratiche della pronuncia

La sentenza in esame, in definitiva, ribadisce l’importanza di interpretare la normativa agevolativa facendo riferimento al contesto normativo vigente al momento della realizzazione dei progetti, evitando l’applicazione retroattiva di criteri introdotti successivamente.

E' inoltre evidenziata la necessità che, in presenza di profili tecnici complessi, le valutazioni siano supportate da organi competenti, con specifico riferimento al MIMIT, a garanzia di un accertamento fondato e tecnicamente adeguato.

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