Salario minimo. CNEL: no a 9 euro l’ora, sì a interventi “su misura”

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Salario minimo. CNEL: no a 9 euro l’ora, sì a interventi “su misura”

Concluso il lavoro istruttorio e di indagine compiuto dalla Commissione dell’Informazione del CNEL su richiesta del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni dell’11 agosto 2023.

Introduzione di una tariffa tramite contrattazione collettiva per il lavoro povero e misure ad hoc nelle aree e nei settori critici. Valorizzazione della contrattazione collettiva di qualità. Revisione della busta paga dei lavoratori. Superamento del concetto di minimo tabellare. Sono solo alcune delle proposte avanzate dal CNEL nel documento dal titolo “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia”.

Il documento finale sul lavoro povero e il salario minimo è stato approvato, a larga maggioranza, con 15 voti contrari, nella mattina del 12 ottobre 2023 dall’Assemblea straordinaria ed è composto:

  • da una prima parte, di inquadramento e analisi (approvata nella riunione del 4 ottobre 2023)
  • una seconda parte che contiene le conclusioni e le proposte al Governo e al Parlamento.

Quali sono le osservazioni conclusive e le proposte del CNEL in tema di salario minimo?

Osservazioni conclusive

Partendo dal presupposto che l’Italia non è in alcun modo obbligata, in base alla Direttiva (UE) 2022/2041, a introdurre un salario minimo legale, presentando un tasso di copertura della contrattazione collettiva che si avvicina al 100% (il contratto collettivo risulta infatti applicato al 95% dei lavoratori dipendenti secondo i dati 2022), la commissione di esperti ritiene opportuno e urgente l’adozione di un piano di azione nazionale affidato al CNEL a sostegno, anche con proposte di legge, di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva.

Tale piano aiuterebbe a superare le attuali criticità relative alla base informativa, ai modelli organizzativi del lavoro (appalti pubblici, appalti di servizi, franchising), alle aree del lavoro non coperte o pienamente coperte dalla contrattazione collettiva (lavoro autonomo fittizio, parasubordinazione, lavoro temporaneo, lavoro a tempo parziale involontario, lavoro senza contratto come nel caso degli stage extracurriculari), ai ritardi nei rinnovi contrattuali e alla proliferazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

Un primo passo del piano d’azione nazionale a supporto della contrattazione collettiva, raccomanda il CNEL, potrebbe essere rappresentato dalla valorizzazione degli accordi interconfederali che, “nel rispetto della libertà contrattuale, permettano di determinare a livello settoriale e di categoria il salario giusto, dando piena legittimazione alla pretesa della contrattazione collettiva, se condotta da attori qualificati e realmente rappresentativi, di concorrere alla regolazione del mercato del lavoro.”

Perché, evidenzia il CNEL, “il salario minimo costituisce solo una componente all’interno di un ragionamento più ampio fondato sul principio di adeguatezza del trattamento retributivo rispetto a ciò che è socialmente accettabile”, in piena coerenza con i principi costituzionali di una retribuzione giusta (art. 36 della Costituzione).

A margine, il CNEL ribadisce il proprio impegno a fornire un importante contributo per il sollecitato avvio di una riflessione istituzionale sulle misure di promozione della contrattazione collettiva, sulla rappresentanza e sui sistemi qualificati di bilateralità.

Proposte

In vista della legge di Bilancio 2024 e del cd. collegato lavoro, si formulano le seguenti proposte:

  1. affidare, a regime, al CNEL un lavoro istruttorio e di verifica su salari e produttività, individuando nello stesso ente la possibile sede del National Productivity Board per l’Italia;
  2. per il cd. lavoro povero, più specificatamente, per i lavoratori parasubordinati, temporanei, lavoratori senza contratto, lavoratori con mansioni di discontinue o di semplice attesa o custodia, lavoratori a tempo parziale involontario, di fatto non coperti o non pienamente coperti dalla contrattazione collettiva con riferimento ai trattamenti retributivi integrativi e alle prestazioni di welfare contrattuale, prevedere l’introduzione di una tariffa tramite contrattazione e parametrata sugli indicatori della direttiva europea o comunque interventi legislativi ad hoc funzionali a incrementare il numero di ore lavorate nell’arco dell’anno.

NOTA BENE: Il CNEL raccomanda fortemente nuovi interventi legislativi su part time, collaborazioni coordinate e continuative, lavoro autonomo fittizio e stagisti. In particolare per questi ultimi auspica la reintroduzione del contratto di inserimento e la valorizzazione dell’apprendistato.

  1. La tariffa legale dei 9 euro lordi all’ora è inferiore alle tariffe orarie minime desumibili da quasi tutti i contratti collettivi sottoscritti dalle confederazioni presenti al CNEL, fatte salve specifiche criticità presenti in taluni settori economici. Con riferimento a tali criticità il CNEL propone misure ad hoc di contrasto al lavoro povero, di sostegno al reddito dei lavoratori e delle famiglie, di contrasto al sommerso, di gestione delle gare pubbliche al massimo ribasso. In questi settori, avverte il CNEL, soluzioni generalizzate si rivelerebbero totalmente inefficaci. Si porta a tal proposito il caso del lavoro domestico: l’introduzione di un salario minimo legale potrebbe un incremento del lavoro in nero senza adeguate misure di sostegno alle famiglie e alle persone non autosufficienti. Raccomandata resta l’azione di rafforzamento delle attività ispettive e di vigilanza.
  2. per arginare il fenomeno dei c. d. contratti “pirata” e della proliferazione del numero dei contratti collettivi, il CNEL propone un intervento legislativo a sostegno della contrattazione collettiva di qualità che individui, sulla scorta della banca dati INPS- CNEL, i contratti collettivi maggiormente diffusi per ogni settore di riferimento, condizionando la registrazione nell’archivio nazionale dei contratti e l’assegnazione del codice alfanumerico unico dei CCNL al rispetto dello standard di trattamento economico e normativo di detti contratti, anche in relazione al riconoscimento dei benefici economici e normativi stabiliti dalla legislazione. Raccomandati poi un intervento normativo volto a chiarire che, nella determinazione del trattamento retributivo di cui all’articolo 36 della Costituzione, il giudice debba fare riferimento non solo al minimo tabellare ma al trattamento economico complessivo ordinario e normale (più elevato) spettante al lavoratore in applicazione dei contratti collettivi di maggiore diffusione e un intervento normativo che stabilisca che la retribuzione assoggettata a contribuzione, prevista dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, sia anche il parametro di riferimento per la retribuzione minima adeguata
  3. infine, un invito. La direttiva UE stabilisce che “i lavoratori dovrebbero avere facile accesso a informazioni complete sui salari minimi legali e sulla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi universalmente applicabili per garantire la trasparenza e la prevedibilità per quanto riguarda le loro condizioni di lavoro” (considerando 34). L’obbligo di trasparenza, evidenzia il CNEL, potrebbe “essere una opportunità per ripensare in profondità la struttura della busta paga dei lavoratori che, allo stato, è un documento di non facile lettura. In questa prospettiva si potrebbe fornire maggiore chiarezza anche ai datori di lavoro e ai loro consulenti nella determinazione dei trattamenti retributivi da tenere in considerazione nella elaborazione automatica dei prospetti paga”.
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