Sponsorizzazioni: presunzione assoluta di inerenza e congruità dei costi

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Sponsorizzazioni: presunzione assoluta di inerenza e congruità dei costi

I costi di sponsorizzazione sono integralmente deducibili anche se l’impresa sponsor lavora per conto terzi. Vi è una presunzione assoluta di inerenza e congruità in presenza dei requisiti richiesti.

La Cassazione sulla deduzione dei costi di sponsorizzazione

Confermata, dalla Cassazione, la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto illegittimi due avvisi di accertamento con cui l’Ufficio finanziario aveva ripreso a tassazione, in capo a una ditta individuale, costi di sponsorizzazione e pubblicità ritenendoli indeducibili per mancanza di inerenza e per antieconomicità.

Secondo l’Agenzia, la contribuente, lavorando per conto terzi, non aveva rapporti con i destinatari del messaggio pubblicitario; in ogni caso, gravava su di essa l’onere di dimostrare l’inerenza e congruità dei costi sostenuti.

L'impresa contribuente, per contro, aveva dedotto l’integrale deducibilità delle spese di pubblicità a favore di società e associazioni dilettantistiche, prevista dalla Legge n. 289/2002. Inoltre, nel caso in esame, l’Ufficio finanziario non aveva nemmeno contestato i requisiti richiesti affinché le spese fossero ritenute deducibili.

Dopo che CTP e CTR avevano dato ragione all’impresa individuale, l’Amministrazione si era rivolta alla Corte di legittimità, denunciando violazione e falsa applicazione di legge.

Per la difesa della ricorrente, i giudici di merito avevano erroneamente applicato, in via automatica, il comma 8 dell’art. 90 della Legge 289, in quanto la disposizione citata non consentiva la indiscriminata e automatica deducibilità dei costi di sponsorizzazione, a prescindere dalla verifica circa la effettività, inerenza e congruità dei costi stessi.

Sponsorizzazione come spesa di pubblicità

La Quinta sezione civile della Cassazione, con ordinanza n. 21452 del 27 luglio 2021, ha giudicato infondati i predetti rilievi.

Innanzitutto, la Suprema corte ha ricordato come il dibattito circa la qualificazione giuridica delle sponsorizzazioni quali spese di rappresentanza o di pubblicità sia da ritenersi superato, essendosi ormai affermato l’orientamento di legittimità che riconduce le medesime sponsorizzazioni nel novero delle spese di pubblicità.

E’ stato quindi rammentato come, in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’articolo 90, comma 8, della Legge 289, siano assistite da una “presunzione legale assoluta circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che:

  • il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;
  • sia rispettato il limite quantitativo di spesa;
  • la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor;
  • il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale; senza che rilevino requisiti ulteriori.

Il particolare regime disciplinato dall’art. 90, comma 8, infatti, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche, laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor.

Nella vicenda in esame, la ricorrente non aveva mosso contestazioni afferenti alla effettiva corresponsione delle somme e alla specifica attività del beneficiario.

Piuttosto, il Fisco aveva rimarcato, in punto di fatto, che l’attività dell’impresa individuale era esclusivamente svolta per conto terzi, ossia nei confronti delle committenti, il che escludeva, secondo la sua ricostruzione, la sussistenza dell’inerenza delle spese di sponsorizzazioni, dal momento che il messaggio pubblicitario era rivolto a una clientela privata che non aveva alcuna relazione con la tipologia delle vendite effettuate dalla contribuente e che non era potenzialmente interessata all’acquisto del prodotto.

Nozione di inerenza

Ragioni, queste, che il Collegio ha ritenuto non condivisibili: la posizione delle Entrate si poneva in contrasto con la corretta nozione di inerenza, che non poggia sulla necessaria riconducibilità dell’onere di sponsorizzazione alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo.

Inoltre, l’evoluzione delle tecniche pubblicitarie – ha continuato la Cassazione - porta a escludere che, nell’attuale mercato globalizzato, ai fini della sussistenza del requisito dell’inerenza delle spese di pubblicità, debba sussistere un legame territoriale tra l’offerta pubblicitaria e l’area geografica in cui l’impresa svolge la propria attività potenzialmente idonea alla produzione di utili.

In definitiva, la CTR, atteso che ricorrevano le condizioni richieste per l’applicabilità della disciplina prevista dall’art. 90, comma 8 richiamato, aveva correttamente riconosciuto l’integrale deducibilità dei costi di sponsorizzazione, ritenendo del tutto irrilevante ogni valutazione circa l’inerenza e congruità dei costi, preclusa dalla praesumptio legis de qua.

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