Dicitura di “Made in Italy” solo per prodotti prevalentemente lavorati in Italia

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Solamente i prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale e almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore siano state eseguite nel territorio medesimo mentre per le seguenti fasi sia verificabile la tracciabilità possono dotarsi della dicitura “Made in Italy”.

E’ quanto ricordato dalla Corte di cassazione, Terza sezione penale, nel testo della sentenza n. 19650 del 24 maggio 2012, pronunciata con riferimento ad una vicenda in cui una Srl con sede in Romania ed operante nel settore calzaturiero si era opposta al sequestro disposto dalla Guardia di finanza nei confronti di un proprio carico di solette e gambali in cui era riportata la dicitura “Made in Italy”.

Secondo la Suprema corte, nel caso in esame vi era stata sia un’illegittima apposizione di un marchio di imprenditore italiano sia una falsa attestazione di fabbricazione del prodotto in un Paese diverso da quello effettivo, condotte che rendevano astrattamente configurabile il reato relativo alla vendita di prodotti industriali con segni mendaci di cui all’articolo 517 del Codice penale.
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